La normativa entrerà in vigore il prossimo aprile.  

Approvato a metà dicembre e nato con l’intento di snellire la burocrazia e dare impulso al comparto edile, il nuovo codice degli appalti sarà operativo a partire da aprile 2023.

Il codice va ad agire su più livelli, e in particolare su alcuni aspetti di maggiore rilievo:

  • Sì agli affidamenti diretti da parte dei Comuni per lavori fino a 500 mila euro, compresi quelli senza la qualifica di “stazione appaltante”;
  • Sì alla liberalizzazione degli appalti integrati, cioè quelli assegnati a un solo soggetto che segue sia la fase di progettazione sia quella di esecuzione;
  • Sì al subappalto a cascata, dove il subappaltatore potrà, a sua volta, subappaltare l’esecuzione dei lavori;
  • Sì a un nuovo iter di revisione dei prezzi in caso di variazioni (in diminuzione o un aumento) che sia di oltre il 5%;
  • Sì a una maggiore digitalizzazione, in particolare nell’ambito dei trasporti e della produzione di energia e acqua;
  • Sì al “general contractor”, l’appaltatore generale che coordina la gestione della realizzazione di un’opera pubblica (il cui ruolo viene reintrodotto dopo che era stato abolito dal vecchio Codice).

Alla base della riforma del codice due elementi chiave: il “principio del risultato”, che intende favorire, in termini di tempo e di rapporto qualità-prezzo, l’esecuzione dei lavori, e il “principio della fiducia”, fondato su procedure legittime e trasparenti tra pubblica amministrazione e privati.

Snellire gli iter e premiare la qualità del lavoro sono quindi tra i principali desiderata della nuova normativa, le cui criticità potrebbero essere oggetto di un tavolo di confronto dedicato tra il Governo e gli operatori del settore.